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MAST di Bologna ospita la prima mostra antologica di Richard Mosse

09. Of Lilies and Remains, Congo serie INFRA-min
© Richard Mosse Of Lilies and Remains, eastern Democratic Republic of Congo, 2012 DZ Bank Art Collection Teschio di una vittima del massacro perpetrato dalle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) a Busurungi nel 2009. Il teschio è stato portato in segreto a Chambucha su richiesta dei parenti superstiti, in modo tale che potesse essere documentato senza che le FDLR mettessero in atto rappresaglie contro gli abitanti di Busurungi. Il fotografo lo ha collocato nell’erba bagnata vicino a un fiume e lo ha decorato con alcuni fiori, quasi fosse un memento mori.

Si chiama Displaced, la prima mostra antologica dedicata al grande fotografo irlandese Richard Mosse alla Fondazione MAST di Bologna.

Curata da Urs Stahel, la mostra, che si terrà dal 7 maggio al 19 settembre 2021, presenta un’ampia selezione dell’opera di Mosse, una esplorazione tra la fotografia documentaria e l’arte contemporanea su Migrazione, Conflitto e Cambiamento climatico

Percorso espositivo della mostra

La mostra si compone di 77 fotografie di grande formato, inclusi i lavori più recenti della serie Tristes Tropiques (2020), realizzati nell’Amazzonia brasiliana. Oltre a queste straordinarie immagini, la mostra propone anche due monumentali videoinstallazioni immersiveThe Enclave (2013) e Incoming (2017), un grande video wall a 16 canali Grid (Moria) (2017) e il video Quick (2010).

Dai primi lavori scattati in Bosnia, Kosovo, nella Striscia di Gaza, lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti caratterizzati dall’assenza quasi totale di figure umane, che documentano le zone di guerra dopo gli eventi, si passa alla serie Infra ambientata in Congo utilizzando Kodak Aerochrome, una pellicola da ricognizione militare sensibile ai raggi infrarossi, messa a punto per localizzare i soggetti mimetizzati.

La pellicola registra la clorofilla presente nella vegetazione, con il risultato che la lussureggiante foresta pluviale congolese viene trasfigurata in uno splendido paesaggio surreale dai toni del rosa e del rosso. Sono fotografati paesaggi maestosi, scene con ribelli, civili e militari, le capanne in cui la popolazione, sempre in fuga, trova momentaneo riparo da un perenne conflitto combattuto con machete e fucili. 

© Richard Mosse,
Lost Fun Zone, eastern Democratic Republic of Congo, 2012
Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid
Il campo profughi di Kanyaruchinya, nel Kivu Nord, ha ospitato almeno 60.000 persone
migrate verso sud dal territorio di Rutshuru per sfuggire ai ribelli dell’M23. Questa
fotografia è stata scattata alla fine di ottobre 2012. Solo poche settimane dopo, la
popolazione di Kanyaruchinya sarebbe stata costretta a fuggire di nuovo, abbandonando il
campo in fretta e furia.

La serie fotografica Heat Maps  e l’installazione audiovisiva Incoming sono lavori realizzati tra il 2014 e il 2018 dove Mosse si è concentrato sulla migrazione di massa e sulle tensioni causate dalla dicotomia tra apertura e chiusura dei confini, tra compassione e rifiuto, cultura dell’accoglienza e rimpatrio. 

Sono immagini straordinarie dei campi profughi Skaramagas in Grecia, Tel Sarhoun e Arsal in Libano, Nizip in Turchia, Tempelhof a Berlino e molti altri: qui Mosse impiega una termocamera in grado di registrare le differenze di calore nell’intervallo degli infrarossi. Si tratta di una tecnica militare che consente di “vedere” le figure umane fino a una distanza di trenta chilometri, di giorno come di notte. 

© Richard Mosse
Souda Camp, Chios Island, Greece, 2017
MOCAK Collection, Krakow
Situato ai piedi dei bastioni di una Fortezza medievale, Souda ospita 950 persone
secondo le stime ufficiali, una cifra che corrisponde al doppio della capienza, con i nuovi
arrivati costretti a montare le tende sulla spiaggia adiacente. I residenti lamentano
infestazioni di ratti, epidemie di scabbia, scarsità di alloggi e intossicazioni alimentari. Il
30% dei richiedenti asilo di Souda hanno trascorso nel campo più di sei mesi. Gli abitanti
dell’isola di Chios, furiosi per il fatto che la loro terra e la sua florida industria turistica siano
in prima linea nella crisi europea dei migranti, organizzano frequenti proteste. Il partito
neofascista Alba Dorata raccoglie nell’isola numerosi consensi e i suoi membri hanno
attaccato il campo in varie occasioni, lanciando dalle mura del castello massi e bombe
molotov sui migranti indifesi parecchi metri più in basso e ferendo molte persone. I rifugiati
sono spesso aggrediti e incarcerati illegalmente da poliziotti che simpatizzano con gli ideali
di Alba Dorata. Sono stati riportati casi di violenza sessuale ai danni di giovani donne ad
opera di cittadini di Chios, documentati da video girati con il cellulare e diffusi a scopo di
intimidazione. Secondo Human Rights Watch, i casi di attacchi d’ansia, autolesionismo e
suicidio tra i profughi di Chios sono molto numerosi.

Le immagini sono apparentemente nitide, precise e ricche di contrasto. A un esame più attento, invece, non si riescono a distinguere i dettagli ma solo astrazioni: persone e oggetti sono riconoscibili solo come tipologie, nei loro movimenti o nei contorni, ma non nella loro individualità e unicità.  

Tristes Tropiques è infine la serie più recente di Mosse: documenta con la precisione della tecnologia satellitare la distruzione dell’ecosistema ad opera dell’uomo. Mosse ha scattato queste fotografie di denuncia lungo “l’arco del fuoco”, nel Pantanal, il fronte di deforestazione di massa nell’Amazzonia brasiliana. Ogni mappa mostra i delitti ambientali perpetrati su vasta scala, diventando per il fotografo un archivio che li documenta. 

Info e biglietti

Aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20.

Ingresso gratuito su prenotazione da effettuare online (almeno un giorno prima durante i weekend).

Catalogo della mostra

Il catalogo che accompagna la mostra propone tutte le immagini esposte oltre a un saggio critico del curatore della mostra Urs Stahel e testimonianze di Michel J. Kavanagh, Christian Viveros-Fauné e Ivo Quaranta. Il volume, edito dalla Fondazione MAST, è distribuito da Corraini ed è disponibile in libreria e online.